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Il Santo del giorno – 26 Maggio – San Pietro Sanz i Jordà

San Pietro Sanz i Jordà

Nei secoli XII e XIII, il Cristianesimo cominciò ad affermarsi nel vasto Impero cinese, ma con l’avvento al potere della dinastia dei Ming nel 1370, ci fu una battuta d’arresto e di cristianesimo non se ne parlò più fino alla fine del secolo XVI.
La ripresa dell’evangelizzazione si ebbe soprattutto con il gesuita Matteo Ricci (1552-1610) arrivato in Cina nel 1583, che con un fruttuoso apostolato fra i sapienti e i mandarini di Canton e di Nanchino, giunse il 4 gennaio 1601, ad entrare a Pechino e nel palazzo imperiale come letterato d’Occidente.
Con i suoi confratelli, padre Ricci si adattò per quanto possibile agli usi, costumi e mentalità cinesi, conseguendo uno splendido successo specie fra i notabili locali; i cristiani che nel 1584 erano appena tre, nel 1585 furono una ventina, nel 1605 un migliaio, nel 1608 più di duemila e nel 1610, anno della morte a Pechino del gesuita Matteo Ricci, erano più di 2500.
Le condizioni politiche continuarono ad essere favorevoli al cristianesimo, anche al tempo della dinastia Manciù (1644) e fino quasi alla morte dell’imperatore Kang-Hi, anche se nel 1648, in una isolata esplosione di violenza perse la vita il missionario domenicano san Francesco Fernandez de Capillas (1607-1648), protomartire della Cina, beatificato nel 1909 e canonizzato l’1-10-2000.
A seguito della questione dei riti cinesi e delle disposizioni provenienti dalla Santa Sede, l’imperatore Kang-Hi si inasprì, cominciando ad avversare i missionari cattolici, fino a bandirli dall’Impero aprendo così la via alle persecuzioni, che esplosero con i suoi successori.
Infatti nel 1724 l’imperatore Young-Cheng ordinò che si distruggessero le chiese e si scacciassero o arrestassero i missionari e si incarcerassero e decapitassero i cristiani; nel 1736-37 con Kien-Lung si proibì la predicazione della religione cristiana, furono esiliati tutti i missionari europei, uccidendone molti; rimasero a Pechino solo i Gesuiti francesi che godevano della fama di letterati, pittori, idraulici.
Bisogna dire che all’opera di evangelizzazione della Cina cooperarono, i Domenicani dal 1587, i Francescani dal 1590, gli Agostiniani dal 1680, i Lazzaristi dal 1711.
Nel 1747-48 si ebbero i cinque martiri domenicani Pietro Sanz, Francesco Serrano, Gioacchino Royo, Giovanni Alcober, Francesco Diaz.
Con la soppressione della Compagnia di Gesù nel 1773 da parte di papa Clemente XIV, le missioni cinesi decaddero quasi completamente nelle città, mentre eroicamente gli altri Ordini religiosi, dispersi nelle varie regioni dell’Impero, continuarono a lavorare con eroismo e con gravi difficoltà.
Nel 1799 si avevano in Cina tre diocesi e tre vicariati apostolici, ma l’imperatore Kia-King era apertamente ostile al cristianesimo, i cui seguaci erano a torto sospettati di simpatia verso i gruppi ribelli alla sua autorità, cioè l’associazione della ‘Regione Celeste’.
Anche con questo imperatore scoppiò una nuova e sanguinosa persecuzione in tutto l’Impero, che durò fino alla sconfitta cinese nella guerra dell’oppio nel 1842; la libertà di religione subentrò con il trattato di Pechino del 1860.
Ci fermiamo qui con la storia del Cristianesimo in Cina, che continuò ad essere perseguitato nei decenni successivi, specie con i famosi violenti e sanguinari ‘Boxers’ nel 1900, sotto la protezione dell’imperatrice Tze-Hsi, e poi in epoca moderna con il regime maoista-comunista.

Il vescovo Pietro Sanz i Jordà, nacque il 1° settembre 1680 da Andrea Sanz e Caterina Jordà, nella cittadina di Ascò, diocesi di Tortosa (Spagna).
Uno zio cappellano della cattedrale di Lerida, avendolo visto bambino virtuoso e pieno di zelo cristiano, volle prendersi cura della sua educazione.
Da giovane Pietro Sanz attratto dalla vita religiosa, volle entrare nel convento dei Domenicani di Lerida, dove fece la sua professione il 6 luglio 1698 e fu ordinato sacerdote il 20 settembre 1704; fu trasferito dietro sua richiesta, al convento di S. Ildefonso in Saragozza di osservanza più rigorosa.
A 32 anni, si sentì attratto dal richiamo missionario e chiese ed ottenne di essere inviato in Estremo Oriente; lasciò la Spagna verso la metà del 1712 e raggiunse Manila nelle Filippine a fine agosto del 1713, dopo due lunghe soste in Messico e nelle Isole Marianne.
Restò due anni a Manila, dove oltre all’esercizio del suo ministero sacerdotale, prese ad imparare la lingua cinese, perché considerava come sua meta missionaria la Cina; e qui fu inviato nel giugno 1715 stabilendosi nel Fukien.
Un anno dopo nel 1716 fu nominato vicario provinciale, carica che ricoprì per 14 anni, associata alla sua opera di missionario, che diede ottimi frutti in conversioni, nonostante la ripresa della persecuzione che si era abbattuta sulla sua provincia di Fukien e in quella di Chekiang, che erano le più cristiane.
Essendo ricercato dai persecutori in ogni posto, fu costretto a rifugiarsi a Canton, l’unico luogo dell’immenso Impero dove i missionari europei erano ancora tollerati; qui lo raggiunse la nomina a vescovo titolare di Mauricastro e venne consacrato il 24 febbraio 1730.
Avendo continuato anche a Canton l’opera di evangelizzazione, mons. Pietro Sanz venne esiliato nel 1732 a Macao dove rimase quasi sei anni, pensando sempre di poter ritornare fra i suoi fedeli del Fukien; desiderio che si avverò il 9 maggio 1739, riprese la sua vasta attività missionaria, predicando, catechizzando, soccorrendo i bisognosi, raffermando nella fede i fedeli perseguitati, agendo con prudenza e tenendosi ben nascosto.
Ma le sofferenze che i fedeli cristiani e la popolazione dovevano subire da parte dei persecutori, erano molte, per cui volendo sollevarli da ulteriori danni ed afflizioni, il vescovo Sanz decise di consegnarsi, uscì dal suo nascondiglio nel villaggio di Moc-Yong e si fece catturare il 30 giugno 1746.
Condotto a Fuchen, capitale del Fukien, fu sottoposto ad estenuanti interrogatori, maltrattamenti e vessazioni di ogni genere; dopo un lungo processo mons. Sanz fu condannato alla decapitazione il 18 dicembre 1746 e dopo la conferma della condanna da parte dell’imperatore, la sentenza fu eseguita il 26 maggio 1747.
Suoi compagni di prigionia furono altri quattro confratelli domenicani, sopra citati, che furono poi uccisi soffocati il 28 ottobre 1748.
Le reliquie di tutti e cinque martiri della fede, furono raccolte dai fedeli e portate a Manila nelle Filippine, dove si venerano nella Chiesa di S. Domenico.
Gli eroici martiri domenicani, furono beatificati il 6 gennaio 1893 da papa Leone XIII e canonizzati da papa Giovanni Paolo II il 1° ottobre del 2000; la loro ricorrenza liturgica è per tutti il 9 luglio, oltre il giorno singolo del martirio, 26 luglio.

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