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Il Vangelo del giorno – 27 aprile 2015

Il Vangelo di oggi: Gv 10, 1-10

laportastretta

In quel tempo, Gesù disse: «In verità, in verità io vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore dalla porta, ma vi sale da un’altra parte, è un ladro e un brigante. Chi invece entra dalla porta, è pastore delle pecore. Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore, ciascuna per nome, e le conduce fuori. E quando ha spinto fuori tutte le sue pecore, cammina davanti a esse, e le pecore lo seguono perché conoscono la sua voce. Un estraneo invece non lo seguiranno, ma fuggiranno via da lui, perché non conoscono la voce degli estranei». Gesù disse loro questa similitudine, ma essi non capirono di che cosa parlava loro. Allora Gesù disse loro di nuovo: «In verità, in verità io vi dico: io sono la porta delle pecore. Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati. Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo. Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza».

Commento al Vangelo di oggi: La porta stretta

Gesù ci mette un po’ di paura quando parla della “porta stretta” (Mt 7,13) o quando nella parabola delle dieci vergini dice: “E la porta fu chiusa” (Mt 25,10). Egli però non è una porta stretta, ma l’unica Porta, l’unica Via che ci conduce a Dio. Ha anche detto: “Bussate e vi sarà aperto. Il Padre vostro che è nei Meli darà cose buone a quelli che gliele chiedono” e poi: “Ecco: sto alla porta e busso. Se qualcuno mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me” (Ap 3,20)

Nella nostra società moderna e industrializzata è difficile comprendere il rapporto di familiarità che in passato legava il pastore alle sue pecore. Non sempre le pecore appartenevano al pastore, ma il pastore era colui che si prendeva cura di loro, portandole a brucare su pascoli erbosi, abbeverandole a freschi e limpidi sorgenti di montagna, guidandole al riparo in caso di cattivo tempo e conducendole all’ovile la sera. Ma nel Vangelo di oggi spicca l’aggettivo che contraddistingue Gesù rispetto a tutti gli altri pastori: Egli è buono. E questo dice molto, infatti il buon pastore non si accontenta mai. Il buon pastore conosce le sue pecore, per loro offre la vita e le chiama all’unità, affinché non si perdano in pericolosi sentieri e non cadano in dirupi da cui è difficile risalire. Le pecore siamo noi, dovremmo essere contente di avere un pastore tanto premuroso e tanto generoso. Chi farebbe altrettanto, se non un Dio che si è fatto carne per salvarci da noi stessi?

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