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Il libro del profeta Osea – Un Dio geloso!

profeta Osea

Nel capitolo secondo del Libro di Osea Dio cita in giudizio il suo popolo, ha preparato un libello di ripudio: «Accusate vostra madre, accusatela, perché essa non è più mia moglie e io non sono più suo marito! Si tolga dalla faccia i segni delle sue prostituzioni e i segni del suo adulterio dal suo petto; altrimenti la spoglierò tutta nuda e la renderò come quando nacque e la ridurrò a un deserto, come una terra arida, e la farò morire di sete. Scoprirò allora le sue vergogne agli occhi dei suoi amanti e nessuno la toglierà dalle mie mani. Farò cessare tutte le sue gioie, le feste, i noviluni, i sabati, tutte le sue solennità. Devasterò le sue viti e i suoi fichi, di cui essa diceva: “Ecco il dono che mi han dato i miei amanti”. La ridurrò a una sterpaglia e a un pascolo di animali selvatici». Dio mette alla sbarra Gomer, la prostituta, le butta in faccia tutte le sue infedeltà e le sue vergogne; è intenzionato a ripudiarla, a chiederle il divorzio.
D’altro canto il diritto antico orientale prevedeva queste misure: “l’infedeltà della donna sottrae il marito a ogni obbligo assunto nei suoi confronti”. Dio vuole rompere il patto con un popolo che non è stato all’altezza del suo amore, delle sue attese: «Inseguirà i suoi amanti, ma non li raggiungerà, li cercherà senza trovarli».
Di primo acchito l’atteggiamento di Dio ci può sembrare troppo “umano”: duro, di rottura e di ripudio. Ma Israele, ogni uomo, ciascuno di noi ha bisogno di parole chiare, di sentirsi dire in faccia la verità; abbiamo bisogno di una Parola che denuda, che ci mostra le nostre vergogne. I contesti umani sono spesso accomodanti, siamo circondati da millantatori e ruffiani, di ammiccamenti dolciastri e di serpi che mordono alle spalle. La Parola di Dio ci mette alla sbarra ma è vera, è pur sempre un atto di amore e di misericordia. Sarà un Dio geloso, un amante esigente ma sempre disposto a ricominciare con il suo popolo e con ciascuno di noi.
Nel processo che va in scena nei v.4 ;16 del secondo capitolo di Osea Dio è al tempo stesso accusatore, parte lesa, giudice; in un continuo passaggio di ruoli il procedimento giuridico imbastito contro Israele diventa in realtà un espediente pedagogico che vuole recuperare l’accusato, quella Gomer bisognosa di perdono che vaga errando negli angoli più reconditi del cuore umano. La gelosia di Dio non è mai fine a se stessa, non conduce alla morte; mira a distruggere la miseria che giace presso le alture, nei letti di amanti che conducono all’oscuro baratro della cattiveria e dell’egoismo. Dio distrugge la meschinità degli uomini, “la ridurrà a un deserto, come una terra arida, e la farà morire di sete”.

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