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Commento al Vangelo del giorno – 17 Aprile – Un amore così grande

 
 

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Brano Evangelico: Gv 10, 27-30 Gv 1,1-5.9-14

In quel tempo, Gesù disse: «Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono. Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano. Il Padre mio, che me le ha date, è più grande di tutti e nessuno può strapparle dalla mano del Padre. Io e il Padre siamo una cosa sola».

 

 

Il Vangelo di oggi non supera quattro righe di una pagina bianca, pur tuttavia è densa di significato e rispecchia la missione di Cristo, che è venuto nel recinto della storia umana per condurre gli uomini verso il nuovo e definitivo esodo: la vita eterna. E che cos’è la vita eterna se non conoscere L’amore di Dio? Ho letto da qualche parte che il discorso di Gesù sul buon pastore non è ambientato in campagna, ma nel tempio, durante la festa dei tabernacoli, l’antica festa che ricordava il peregrinare di Israele nel deserto, sotto la guida di Ja­hvé-pastore. E questo lo trovo affascinante, perché dimostra l’attenzione di Gesù nei nostri confronti.

Infatti, l’immagine del buon pastore ci richiama concetti come la guida, la luce, la fiducia, la confidenza. Per questo il pastore cammina innanzi, fa strada alle sue pecore, le quali lo seguono con fiducia: la sua presenza e la sua voce le rassicura. Ma il Vangelo di questa Domenica ci ricorda che Gesù non è un pastore che si cura del gregge in quanto tale ma si prende cura della singola pecora. E’ il pastore della mia anima, delle vostre anime. Infatti ci conosce per nome, il nostro volto non è generico per Lui ma porta i tratti della nostra esistenza nel suo cuore. Afferma il grande teologo tedesco D. Bonhoeffer: “Gesù, il buon pastore, dice di sé che conosce i suoi. Essere conosciuti da Gesù significa la nostra beatitudine, la nostra comunione con lui. Gesù conosce solo coloro che ama, coloro che gli appartengono, i suoi (2 Tm 2,19). Ci conosce nella nostra qualità di perduti, di peccatori, che hanno bisogno della sua grazia e la ricevono, e al tempo stesso ci conosce come sue pecore. Nella misura in cui ci sappiamo da lui conosciuti e da lui soltanto, egli si dà a conoscere a noi, e noi lo conosciamo come colui a cui solo apparteniamo in eterno(Ga14,9; 1 Cor8,3)”.

Le parole che Gesù pronuncia in questo episodio sono infine rassicuranti. Egli afferma che può strappare dalla sua mano quelle pecore che fanno parte del suo gregge perché egli ha dato la sua vita per esse. Quindi fra noi e Lui c’è un rapporto di amore così stretto e inscindibile, che nemmeno la morte può distruggere.

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